lunedì 9 giugno 2008

turin weights


flickr ph. by man_drake



la prima volta che vedo torino sono le sei di mattina dopo un lungo viaggio, otto o nove ore sdraiata nello scompartimento chiuso dei vecchi espressi, coi sedili tirati giu in un enorme divano di pelle, le braccia scoperte appiccicate ai sedili; è quasi l'alba quando mi sveglio e guardo fuori del finestrino, non sono mai stata in piemonte ma capisco che ci siamo quando vedo passare il cartello alessandria annegato nella nebbia, è il sette agosto, niente male penso.
Porta Nuova è deserta come da copione, ricordo di aver pensato che sembrava stazione centrale vista a sedici noni, ma forse era solo colpa del sonno..anche qui ci sono i tram ma non risalgono al piano marshall, anche qui i piccioni pascolano indisturbati ma preferiscono appollaiarsi sulla stella a cinque punte dell'angelo in piazza statuto, come se stessero ancora aspettando di far merenda con gli arti sparsi dei condannati a morte fuori le mura; la città sembra immersa nel cotone, la attraversiamo piano a piedi, mi guardo intorno e vedo pasticcerie, gargoyles e fronzoli francofoni, le vie sono dritte e grandi mentre si fanno le sette ed apre qualche bar nelle piazze quadrate; un bicerin caldo come lava e poi a casa, una casa che non ho mai visto ma che sembra sia li ad aspettare il mio zaino verde che si posa sulle mattonelle granata, sporco e pieno di vestiti random. passano i primi dieci giorni torinesi di una lunga serie: sui barchini davanti al po, a sudare dentro giancarlo, mangiare le crepes con la toma sui marciapiedi, sdraiarsi ai cappuccini con le birre calde, vagare in periferia, al valentino sulle colline che cambiano colore se hai mangiato qualcosa di strano, ai docks pieni di sabato con la neve, vicino al lingotto, da una parte all'altra del fiume e a porta palazzo quando è notte ma non sembra perchè i 3 galli fan troppo rumore.
sono tornata decine di volte, dopo quella volta, sono tornata perchè non potevo davvero farne a meno, anche quando la vista di un solo centimetro di porta susa quasi mi accecava, anche quando i ricordi erano talmente tanti che la città era divisa in due, per lavoro con le valigie manfrotto, con qualcuno di importante che speravo la vedesse come me, di nuovo sola ma col drappello d' accoglienza fuori della stazione, sono tornata mille volte per riprendermi questo posto che non ho neanche scelto ma che mi manca sempre.
venerdi sera scendo di nuovo a susa, piove a dirotto e mi infilo nella metro olimpica che non ho mai provato: innaturalmente spaziosa e pulita sopra, sotto si restringe di due terzi ma è tutto meno che clustrofobica, viaggia dentroun tubo di vetro senza conducente, il tunnel illuminato a giorno, se distribuissero gianduiotti sarebbe il mezzo di trasporto più willy wonka oriented sul quale sono salita, a parte il teddy train in danimarca; corso monte grappa è sempre un casino, con questi strambi controviali che se vieni da fuori rischi di schiantarti ogni cinque metri, la solita peugeot mi raccoglie per portarmi in via exilles, sono strade che conosco ma che continuano a cambiare come tessere di memory, è giugno ma laggiù vedo la neve, è giugno ed ha smesso di piovere, allora si va a cena a san salvario, che non ci siamo mai andati.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E come sempre la fame è la migliore cuoca del mondo...

Iconoclastique ha detto...

questa poi me la spieghi