martedì 12 maggio 2009

say "cheeeeese"-



ho sempre pensato che le immagini fossero furbissime imitazioni della realtà nelle sue due uniche accezioni: negativa e positiva; nessun aut/aut, solo due soluzioni complementari.
Se i supporti fotografici fossero persone la pellicola potrebbe essere qualcuno che porta il negativo al positivo, che riesce a vedere al di là delle cose per come si presentano, che cerca soluzioni diverse con fatica e interesse, dentro la camera oscura guarda nell'ingranditore immaginando le correzioni necessarie.
le polaroid sono più incerte: si scatta ma poi bisogna prendersene cura, massaggiarle per distribuire l'emulsione, sperare di aver azzeccato la giusta combinazione di tempi e luce e altrimenti riprovare, come se le possibilità fossero infinite ma si dovessero sfogliare una per volta in una specie di percorso per poter arrivare al risultato, fallendo fino alla riuscita.
il digitale è risoluto, non dà molto spazio alle sorprese, diciamo che potrebbe essere un calcolatore nato: decide le impostazioni ed è già quasi sicuro che otterrà quel che vuole, ma quasi senza sfumature e margine d'errore.

un mese fa ho deciso di tirare fuori materiale di ogni tipo scattato o sviluppato anni fa che conservavo sotto il letto. ad un certo punto ha quasi cominciato a lamentarsi, tenendomi sveglia tutta la notte; allora ho dovuto liberarlo, spolverarlo e archiviarlo per bene, ogni fotogramma, ogni provino, come se volesse essere guardato per esistere davvero di nuovo, ed è buffo come le cose a distanza di tanto tempo sembrino così diverse, come tutte le facce e i posti risalgano alla memoria e si guadagnino il loro posto assumendo un senso o semplicemente raccontando una storia, perchè è forse questo che conta: capire dove e cosa siamo stati, per tornare ad esserlo ancora.
UPDATE "capire dove e cosa siamo stati, per tornare ad esserlo ancora..oppure non pensarci più"

5 commenti:

e. ha detto...

tutto molto bello, tranne l'ultima riga :)

Iconoclastique ha detto...

in effetti mancava un pezzo
ma mentre pensavo stavo strappando di bocca la mia colazione ai gatti :)

adriana ha detto...

io ci sto nel “NON pensarci più”…
però col preambolo del tango che dice:
“primero hay que saber amar,
despuès sufrir
y al fin andar si pensamiento”
Cate vi fa la traduzione....

adriana

Iconoclastique ha detto...

ma il "non pensarci più" non è una rimozione per come la intendo io, è una sorta di presa di coscienza che aiuta ad eliminare scorie passate che, ben digerite, non servono più.
la cate ha tradotto benissimo, e mi trovo molto daccordo :)

adriana ha detto...

appunto!!!
"andar si pensamiento..."
vi aBBraCCio.
ad.