lunedì 2 novembre 2009

Edward Hopper- i believe in symmetry




Giovedì sera ero a Palazzo Reale, non per fare un'escursione ai massimi vertici della gerontofilia come si sarebbe potutro sospettare, data l'esclusiva presenza di over 65 nel piazzale antistante e alla cassa: decine di fulgidi e benestanti anziani milanesi ricoperti di vari strati di pelliccioni che si trascinavano appoggiati ai propri girelli lasciando nell'aria un delizioso effluvio di violetta e lavanda, se non fosse davvero troppo bizzarro penserei ad un asso nella manica giocato dal marketing di Arthemisia per riportarci nei roaring twenties Hopperiani grazie ad un demoniaco casting di eleganti ottuagenari, coniando per l'occasione uno slogan agghiaccante del tipo "dopo ATMosfera.. D-Hopp(l)er".
Schivando nuvole di capelli azzurrini acchiappo il biglietto e muovendomi molto lentamente raggiungo la prima sezione dove si trovano le opere del periodo parigino, un viaggio che Hopper fece da studente, e questi suoi primi tentativi lo rivelano visto che mancano i colori, i verdi e i gialli che conosciamo bene, tutto sembra sbiadito per qualche mese; seguendo la cronologia vediamo come la primavera parigina darà una bella spinta anche alle cromie e in mezzo al beige di qualche rue vediamo spuntare un albero smeraldo, l'inizio di uno studio della luce che culmina in Morning Sun; questo percorso di colore viene bruscamente interrotto da decine di litografie e schizzi a matita, grazie ai quali ci accorgiamo che quello per i contrasti è un amore vero, anche senza la luce del sole che taglia le cose a metà come una mannaia, qui sono il bianco e il nero a spingersi a vicenda sul piccolo foglio di carta, purtroppo non abbastanza forte da farsi notare davero; mischiare così tanto lo spirito cromatico che conosciamo con quello grigio e meno noto non mi da un quadro completo della produzione artistica di Hopper, anzi lo sminuisce e ci confonde, che senso ha esporre 4 schizzi a carboncino di Benzina senza portare anche l'originale? Volevano mettere l'accento sull'Hopper che nessuno vede oppure non avendo abbastanza opere in concessione hanno riempito i buchi con le cose minori? Nel catalogo sono pubblicate anche immagini che non vedremo mai per completezza antologica dell'artista o per far credere che saranno visibili anche nel percorso della mostra?
Di certo il prezzo del biglietto valeva anche la sola vista di Morning Sun e Second Story Sunlight, che esplodono di sole illuminando la stanza come una pignatta d'oro, le donne bianche con le vene azzurrine, tranquille sul loro letto o sul balcone, aspettano tranquille con la faccia a bagno nella luce, aspettano che il pittore smetta di guardarle per riprendere vita e muoversi, non molto, giusto il necessario per prendere un Martini dal mobile bar.
Meno certo è il valore di una mostra che sembra arrampicarsi sugli specchi per mancanza di materiale e sovraffollamento di gruppi con guida o cuffie con bignami sonoro, non sono certa che riempire una delle stanze con un set fotografico dove poter mimare la donna di Morning Sun sorridendo ad una telecamera con gli amici che fanno ciao sia esattamente il modo migliore di occupare spazio all'interno dell'allestimento di un'esposizione pubblicizzata a tappeto da sei mesi come l'evento che avvicinerà Hopper a tutti; in effetti ora tutti possono vederlo, peccato non possano vederlo tutto.

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