domenica 7 marzo 2010

I'm so sick of goodbyes- Sparklehorse is sparkling













Caro Mr Linkous,

ormai pensavo fosse fatta, che non ci avresti più provato o che comunque avresti continuato a mischiare whiskey e guinnes sul palco, con qualche goccina magica nel bicchiere, pensavo sarebbe bastato.
Invece no, stamattina mi sono svegliata e ti eri sparato in faccia, e sei morto tre ore dopo.
La prima volta che ti ho visto dal vivo era il 1996, suonavi dentro un palazzetto bruttissimo a cinque ore di treno da casa mia di spalla ai Radiohead, io e la mia amica rockeggiante ci siamo chiuse nel bagno dell'intercity con un entusiasmo spropositato, e quando ti ho visto sul palco avevo già ascoltato ossessivamente tutti i tuoi deliri, ed ho continuato a farlo per anni, pensa che una delle tue cassette si era bloccata nell'autoradio per quattro mesi e per un pò ho sperato che non uscisse più.
Mentre la gente fischiava perchè biascicavi troppo sgomitavo per arrivare più vicino, pensando che non mi ero mai sentita così daccordo con qualcuno, a parte whiskey e birra si intende, quello non lo sopporto neanche ora.
Ho passato un sacco di tempo nel tuo universo immaginario, coi pettirossi e i meta cavalli, so che gli esseri umani non ti sono mai interessati molto, se non per dare voce di donna ai tuoi sbalzi lo fi, il resto era popolato da creature, mascherate e grottesche, delicate, irreali o violentissime, esseri che vagavano nel tuo cervello e parlavano con la tua bocca, consigliavano di guardare il cielo perchè presto, prestissimo, da lì sarebbe scesa la soluzione a tutto.
E tutte le nebulose femminili che hai adorato, o forse erano sempre la stessa, delle belle addormentate che facevi svegliare dai tuoi sparrows all'alba, senza forzature e cuoricini, forte delle melodie sognanti e colorate, a dispetto della tristezza di cui tutti ti accusavano, io l'ho sempre presa per folgorante, intelligentissima sensibilità e dirompente capacità di tradurre in immagini il tuo sogno.
Non so dire a parole quanto hai riempito il mio mondo, e adesso che ascolto di nuovo, per la milionesima volta, tutto quello che hai detto in questi tredici anni, sento che non ero affatto stanca di ascoltarti, neanche se belavi stravolto dal palco con la barba lunga, ed ogni secondo di qualsiasi canzone avessi scritto era un pezzo del mio puzzle personale, di quelli che non riesci mai a finire.
Ora chiuderò la scatola e appenderò al muro in cornice il risultato incompleto, sapendo che non sarà bello come un paesaggio Ravensburger, ma sarà mio, per sempre.

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