venerdì 5 ottobre 2012

sabato 10 marzo 2012

Moebius- Farewell & goodbye





Jean Giraud nasce nel 1938 nella Marna, è un anno pieno di casini storici piuttosto seri, per cui pochi si accorgono di lui, probabilmente.
Poi arriva il western di Blueberry, e con lui la stanchezza di essere associato ad un solo stile ed un solo personaggio, che gli sta stretto come un pigiama da bambino ad un adolescente che si allunga ogni giorno di più nel lettino a una piazza a casa di mamma e papà.

E così nasce Moebius, e con lui prendono vita le creature incappucciate che cavalcano pterodattili velocissimi, sfrecciano attraverso l'aria pulita delle Alpi finte e vere, montagne che corrono sulle tavole a colori, e mentre sfogliamo le pagine si sente quel rumore di ali pesanti che fanno quasi paura, a non sapere che sono animali buoni, amici e complici di un sistema unico di sospiri, alberi e fruscii.

Moebius si spegne oggi, 10 Marzo 2012, e nell'estrema tristezza di sapere con certezza che saremo privi per sempre della sua mano, penso che possiamo ricordarcelo così, a cavallo di uno dei suoi mostri buoni, pieno di quella grazia senza pretese che lo ha sempre guidato, libero e semplice, eppure complicatissimo. Intricato per tutti tranne che per lui stesso, che certe cose si fanno solo con incoscienza e la leggerezza del talento umile, altrimenti vengono male.


Adieu Maestro.

martedì 17 gennaio 2012

Hiroyuki Ito: red rain & exposed films into the vegetable compartment






"I go out and take pictures every day. Nobody paid or asked me to do it. No divine inspiration struck me even once in my life. I am quite boring."

Hiroyuki Ito ha 44 anni, e da 20 non tornava in Giappone per una scelta precisa, o solo per poca voglia, chi lo sa.
Ci sono eventi che ti costringono a trovare la strada di casa, spesso sono tragici, a volte anche risolutivi, comunque quasi mai si tratta di un viaggio che si possa tenere sotto controllo: niente orari e niente tappe, e le cose che hai visto da sempre si appannano o ti scoppiano in faccia senza rimedio.

"It’s a habit like brushing your teeth or washing the dishes. I photograph almost mechanically, with no hint of emotion. I don’t know whether I get "the shot" because I don’t know what I am after to begin with."


Perfino le incrollabili abitudini possono essere travolte come cani in autostrada, se gli eventi sono abbastanza sconvolgenti. E' per questo che quando Hiroyuki torna a casa per seppellire suo padre, e poi sua nonna, cadendo nella pozza dei ricordi di vent'anni prima, la sua spocchiosa tendenza all'atarassia diventa cenere, prima che lui se ne accorga consciamente.

"When I arrived, I saw red drops everywhere. I thought it was red rain falling from the sky. It has been said that the day after the atomic bomb was dropped, there was black rain in Hiroshima. Although there was radiation in Tokyo after the Fukushima nuclear fallout last year, there simply isn’t such a thing as red rain.
But even when the sky was clear, I kept seeing red rain, as if a filter was over my eyes."


La pioggia rossa lo segue ovunque, per settimane filtra la realtà ai suoi occhi come un paio di occhiali da saldatore, impedendogli insieme di vedere bene e proteggendolo da ciò che avrebbe visto.
Forse sono i posti dove nasci ad essere capaci di fare queste due cose insieme: nascondere e mostrare, tirare fuori quello che non vedevamo da anni ricacciando il peggio nel buco nero dal quale è uscito. Almeno finchè può servire. Poi ricomincia la realtà.


"In the middle of November, my girlfriend called me from New York to tell me that she was leaving me. I waited for the red rain to return to blur my vision and alleviate my pain.

It never did."

sabato 8 ottobre 2011

Stay hungry, stay fucking foolish- no distance left to run





La frase più abusata del mondo pronunciata dall'uomo meno fotografato dell'universo, se non su un palco abbracciato ad una delle sue creature, con la faccia piena del nulla conosciuto solo da quelli che hanno colmato un vuoto.

Mai stato santo o martire, squalo quando serviva e ingenuo quanto bastava a prendere sonore batoste, Mr. Jobs si è rivelato un fottuto genio in troppe occasioni per non poterlo piangere almeno un paio di giorni. Senza benedizioni o croci, lontanissimo e incredibilmente vicino alla perfezione insieme, ci sono tutti gli ingredienti per una marcia di fan invasati che si strappano i capelli fino alla sua tomba.

Mi sono accorta della sua scomparsa per un attacco di fame notturna, appena sveglia con una voglia irrefrenabile di sandwich ho appoggiato un dito sull'iPhone e decine di tweet esono esplosi sullo schermo urlando la stessa cosa: goodbye Steve.

In ufficio ne abbiamo scherzato per mesi -se muore il coccodrillo te lo prendi tu- e poi quando è successo davvero non c'era nessuno che desse la notizia in tempo reale.
Per quanto mi riguarda mi sono seduta, ho pucciato una macina nella tazza di latte davanti a me e ho pensato al mio primo incontro con la mela: un pomeriggio freddissimo condito dalle solite stronzate da universitari, il rumore dell'avvio era una cosa mai vista, dopo un'educazione sentimentale totalmente dedicata ai pc ho tradito il mio primo amore in cinque minuti, il tempo che è servito a Mr Jobs per rendermi schiava delle sue fantasie.

"La barra laterale!": temo di aver urlato qualcosa di simile, molto forte. Da allora non ho mai smesso di pensare a Jobs come a uno che chiami per cognome nonostante abbia cambiato la tua vita, professionale certo, ma anche personale se quello che fai ti piace davvero.

Bello e utile, due cose che non si conciliano quasi mai perchè non siamo abituati a pensare che ogni piccolo gesto faticoso potrebbe essere più semplice se lo progettiamo con un'intelligenza semplice che è anche bellezza, di una bellezza pulita ma sensibile, cose meravigliose che cambiano fino ad anticipare i desideri degli utenti, perchè no. Nessuno ha mai venduto sulla croce, non c'è vergogna nel successo di qualcuno che ha amato quello che faceva, sapendo che niente è santo e che ogni conquista ha le sue strategie. Perchè sembrava frivolo e sciocco sgravarsi del peso di certe sovrastrutture da codice binario, quello che è giusto è complicato. Beh, non è così.

Milioni di professsionisti hanno lavorato con le idee di Jobs, milioni di persone comuni hanno migliorato le loro giornate grazie alle quattro idee che sono spuntate a Cupertino come l'erba se la pianti bene, che infatti cresce e profuma tutto il quartiere.

Ogni persona normodotata e nata negli ultimi 40 anni deve qualcosa a Mr Jobs, anche quelli che quando dici Apple si ritraggono tipo vampiri all'alba rovesciando i sigilli di Gates.

Quattro anni fa qualcuno mi ha regalato un iPhone mentre mi stavo occupando di finire una forma di fontina valdostana in una certa trattoria. Ricordo di aver mollato il pezzo di formaggio che avevo in mano urlando in cerca di un tovagliolo per pulirmi le dita prima di toccarlo.

Poi ho pensato allo sfruttatissimo discorso di Jobs a Stanford, che si è ruffiano, si è compiaciuto, ma se non è un peana perfetto questo allora di cosa stiamo parlando?
Non si possono conservare cose che non si hanno, niente è perfetto e per avere quello che ci interessa dobbiamo guardare avanti come se un domani non ci fosse affatto. Perchè fare quello che ci piace ha sempre un prezzo, e calcolarlo sul calendario raramente porta fortuna.

A chi tutto questo sembra superfluo e modaiolo consiglio di prendersi una vacanza per riposare i nervi. A tutti gli altri un grande in bocca al lupo per la propria fame da placare: avere fame è giusto, se si è sazi non si vuole niente, mai.

martedì 9 agosto 2011

Summer of Love

Ok, è estate. Dopo tre mesi di pioggia e temperature inospitali forse riesce difficile ricordarlo. Ecco un piccolo reminder per chi ha comprato un costume nuovo per usarlo un numero di volte non equivalenti all'ammortamento della spesa sostenuta.

Andiamo con ordine. Se non vi fa estate questa andate pure a rinchiudervi in una cantina fredda e umida, soffrendo della vostra anomalia umorale.



Mi sfugge il motivo per cui uno dovrebbe affrontare una mini crociera in barca a vela in giacca e cravatta color pistacchio. Ma Simon Le Bon deve saperla più lunga di me perchè lo ha fatto eccome, almeno per tre minuti.


Sfugge (mica tanto) anche la vera ragione del video dei The Drums: perchè cazzo due post adolescenti eterosessuali (haha) dovrebbero correre in spiaggia in piena notte urlando che vogliono andare a surfare, mentre sono vestiti come teneri collegiali che in una vera spiaggia da onde verrebbero picchiati energicamente da energumeni biondi a torso nudo?
http://www.youtube.com/watch?v=XdyJUrEJD9U


Venendo dalla California sembrerebbe automatico immaginare i Grandaddy come aitanti energumeni abbronzati e mezzi nudi, invece no. I nostri sono costantemente bianchi come il latte, ricoperti da piumini, paraorecchi e cappelli di lana. In perenne lotta con gli animali dei boschi. Winter is coming, lo sanno perfino loro, e dal 1992.



Ammettiamolo, Olivia Newton John non è mai stata una squinzia da amorazzo estivo. Al massimo era quella a i maschietti urlavano "suora!" perchè non voleva andare in seconda base. Almeno finchè non si è infilata degli skinny jeans di pelle. Ma quello succedeva a settembre, e ricominciava la scuola.


Francuzzo cosa sia l'estate lo sa bene, nutrito dal sole sulla spiaggia come dice lui. Certo, poi la voglia di annegare, se è Ferragosto e stai ancora lavorando, è perfettamente comprensibile. Fa venire voglia di morire anche la sua pronuncia inglese, ma cercheremo di non pensarci, mentre infiliamo gli occhialini.









venerdì 5 agosto 2011

You can be my friend, you can be my dog







Out of office automatic reply.

martedì 1 marzo 2011

The Streets- The thing I love the most is trying to kill me






E' innegabile: a Mike Skinner piacciono le sbarbine inglesi, le sostanze psicotrope e i palazzoni. Esatto, i palazzoni. Quando nel 2000 fece sanguinare le orecchie di tutto il mondo con il suo primo, geniale album -Original Pirate Material- avremmo potuto pensare che la copertina dedicata all'enorme condominio-alveare fosse un omaggio alla natìa Birmingham o al trasferimento nell'urbanizzatissima Londra, dove appunto fu registrato il disco. Invece "Tower Inferno", la foto dell'artista tedesca Rut Blees Luxemburg, non era affatto un omaggio casuale all'architettura suburbana che caratterizza le periferie e i dintorni di Londra, ma l'inizio di una dichiarazione d'amore iconografica nei confronti dell'inanimato, enorme agglomerato che circonda tutte le città del mondo, rendendole al tempo stesso inumane ed accoglienti, simili e distanti, tutte tremendamente fredde per un occhio esterno che non vi abiti ed inevitabilmente amate -fino a diventare riferimento culturale- da chi le vive ogni giorno per molti anni.

Nel maggio 2004 Mr Skinner pubblica "A grand don't come for free", album che contiene l'indimenticabile Fit but you know it, e che vede in copertina il caro Mike con indosso un simpatico parka da geeza mentre aspetta il bus notturno all'interno di un'improbabile pensilina suburbana nel mezzo del nulla. Non si tratta di non luoghi pulitini da fine art, qui si parla di strade vere e veri quartieri poco illuminati, ripresi alla luce dei lampioni, magari alle quattro del mattino con la fotocamera del cellulare, e non per amor di marcescenza, ma per sincera empatia con quei palazzoni quasi vuoti o troppo pieni, dai colori improbabili o nessun colore. Senza arrivare alla voce "quartiere malfamato", che avrebbe davvero poco senso nel'econonomia del discorso, posti così ce li abbiamo anche a Milano e in pieno centro, sono i residui di un paio di decenni incomprensibili di storia dell'architettura, o di addizioni di cemento e sottrazioni di abitanti; i fattori sono molteplici ma il risultato rimane lo stesso: l'urbanistica random e l'interazione degli abitanti in essa, il controverso ed affascinante rapporto che stabiliamo con certi luoghi, al primo sguardo brutti e invivibili, e invece pieni di strati da scoprire sollevandoli piano uno ad uno.

L'ultimo capitolo della saga dei palazzoni è stato scritto il 7 febbraio 2011, data dell'uscita di "Computers and Blues", ultimo album di The Streets. il bellissimo artwork -probabilmente il migliore della serie- ci mostra un dettaglio del solito edificio-alveare, con due uniche finestre iluminate da una forte luce rossa, e una sagoma nera che guarda fuori assorta, annoiata, o semplicemente riposata dopo undici anni di onesto lavoro e bei dischi sfornati regolarmente.
Mike Skinner mancherà a molti, ma è encomiabile l'onestà di lasciar perdere quando si sente la catena tirare troppo, evitando un capitombolo creativo che ci avrebbe intristito anche di più. Let's push things forward.