mercoledì 15 luglio 2009

let's push things forward





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lunedì 6 luglio 2009

blur@hyde park- 02072009



quando a marzo mi hanno chiesto cosa volessi per il mio compleanno ho risposto quasi urlando: il biglietto per i blur, fra quattro mesi, tanto se non me lo regalate voi mi ci trascino a nuoto come lord byron. evitando una morte prematura in mezzo alla Manica la richiesta è stata esaudita, ho pazientato per quasi 120 giorni e alla fine, sotto una cappa di caldo davvero poco britannica, con la compare sottobraccio ho varcato i cancelli di hyde park tra adolescenti accompagnati da mamma e papà e coppie con borse frigo piene di pimm ghiacciato.
in anticipo di circa sette ore ci siamo piazzate a trenta metri dal palco, ovviamente prive di protezione solare, beveraggi e ombrello parasole ( e di striscione "damon, non possiamo continuare a vederci così", grazie al cielo), mentre intorno a noi prendevano posto centinaia di persone equipaggiate di qualsiasi strumento atto alla sopravvivenza sotto lo zenith, compresi cinque ragazzini alla prima sbronza che con una mano reggevano la tuborg a quattro gradi e con l'altra un barattolone formato famiglia di l'oreal protezione 45; quattro birre e quattro gruppi spalla dopo, compresi degli ignobili cristal castles arredati unicamente da alice glass in preda ad una sbronza da quindicenne sociopatica, ci ritroviamo alla mastodontica fila per i bagni sudando freddo per il difficile rientro nelle prime file, infatti non ce la faremo mai e dovremo accontentarci di incastrarci fra una coppia di italiane con la sciarpa, due francesi barvuti con le unghie lunghe e una comitiva di inglesi campioni di "urina nelle bottiglie", ma non importa perchè in piedi sul tappeto di cavi che attraversa il prato riusciamo ancora a distinguere dignitosamente il palco, salvo morte improvvisa per scarica elettrica.
i blur salgono sul palco enorme, c'è ancora luce, un bellissimo tramonto trasparente completo di luna che sorge, damon arriva saltellando di traverso e sussurra qualcosa sul fatto di non meritarsi una gayna simile dopo dieci anni di assenza, si aggiusta il colletto della polo e sorride sornione ai megaschermi: mi butterei per terra urlando se solo ci fosse lo spazio.
partono con "she's so high" e la folla comincia a sbraitare agitando le mani, tutti cantano e per una volta è confortante non sentire parole inventate o pronunce insensate, guardo lo schermo e trovo il faccione di graham in piena sindrome da cenerentola, con un muso lungo due metri e la barba incolta, sbatte la chitarra come fosse una mazza da baseball sudando nell'ennesima maglia a righe, "out of time" è un lungo momento di pausa per le ginocchia traballanti dopo otto ore e su "parklife" arriva a sorpresa un phil daniels in lacoste granata, le italiane si scambiano occhiate interrogative, "ma chi è sto scemo?", chiedono, mentre albarn spiega di aver scritto il pezzo quando veniva a dar da mangiare ai piccioni sulle panchine del parco; "to the end" ci fa respirare prima della prevedibile "song 2", che sarà pure telefonata ma in mezzo a 50mila persone che saltano sudando anche il secondo strato di epidermide si rivela inevitabile, le zolle di terra volano in mezzo alle bottiglie di plastica e si fa buio davvero.
cinque bis e una "universal" dopo damon si chiede davanti a tutti se riuscirà a fare una cosa del genere anche il giorno dopo, io comincio a chiedermi se riuscirò a recuperare i 15 anni in meno che mi sento stasera, controllo di non avere gli anfibi ai piedi e riprendo coscienza mentre un polverone biblico mi fa capire che il concerto è finito e che possiamo andare verso l'uscita affollatissima e il wrap con guacamole che ci aspetta a casa.
sul 55 preso al volo ho come l'impressione che anche se avessero suonato london bridge is falling down per due ore e passa la gente non avrebbe fatto una piega, chi ha comprato quel biglietto mesi fa non si aspettava niente di meno e niente di più, forse non si aspettava proprio nulla, l'icona ha resistito al terremoto della separazione, eccome, facendo lo slalom tra il tempo, l'ovvietà e l'adorazione indefessa, regalandoci una giornata rara di splendore senza spocchia.
damon, sposaci dai.