Caro Francis,
sono dodici anni che ti aspetto, finalmente poco fa mi hanno detto che dal 9 marzo sarai nella mia città, mi basterà salire sulla linea gialla e fare sei fermate per trovarti li, credo capirai il mio incontenibile entusiasmo, se non lo sai tu cosa vuol dire incontenibile, vecchio demoniaco ossessivo.
Sai il tuo amico George è ancora appeso li, nella stanza che non è più mia da secoli, i poster staccati o coperti da foto di nipotini e disegni del catechismo, ecco io mi chiedo cosa ci faccia il ritratto squagliato del tuo grande e rozzissimo amore attaccato meticolosamente vicino agli scarabocchi pasquali e gli imbarazzati ritratti di famiglia dove qualcuno in seconda fila non sorride mai, mi chiedo come mai la cattolica furia iconoclasta non sia arrivata anche per lui, relegandolo in cantina; daltronde sembrava abituato ad essere messo da parte, quando ti chiudevi nello studio con le tue montagne di foto e quando lo lasciavi combattere da solo in qualche scantinato sporco mentre te la spassavi al bar con gli amici freak, deridendolo per la sua goffa semplicità che invece, dopo qualche bicchiere di troppo, ti era cara più dell'aria, sopraffatto com'eri dal tuo snobissimo gigantesco ego.
George dev'essersi chiesto cosa diavolo ci facessi con tutte quelle immagini su carta, quelle foto ritagliate compulsivamente dai giornali, dalle brochure, strappate per la strada, perchè uno che veniva pagato migliaia di sterline per dipingere si ostinasse a prendere ispirazione da stupide immagini di cronaca bidimensionali, perchè non le cercassi nel tuo cervello invece; quello che George non aveva capito era che per te il soggetto su quel piccolo pezzo di carta era come un tappo nella vasca: se lo raccogli vien giù tutto, velocissimamente, e per tutto intendi la carne, i visceri, le maschere, le urla e le facce sciolte: le foto erano spettri di qualcosa che una volta era vivo, veicoli su cui saltare per arrivare da un'altra parte, non subito e mai senza conseguenze, com'è ovvio c'è sempre un prezzo da pagare.
Il riscatto di George è stata la sua vita, troppo estraneo alle tue follie com'era non ha resistito a lungo, forse tutti siamo in pericolo se arriviamo troppo in fondo all'inferno altrui e temo che le tue ferite, Francis, fossero davvero insuturabili perchè vedi, lo fossero state non sarei li, il nove marzo, a vedere il sangue che ne esce che colore ha, da vicino.
10 commenti:
Quante paranoie consumate accanto all'amico Francis. Mangiavamo chowder e bevevamo birra, nella triste consapevolezza dei dolori che il sesso comporta.
non mi convince sta cosa di te e bacon e i chowder. c'è qualcosa che devi dirmi?
Non vorrei sbagliarmi, mi ricordo una frase del biopic su Bacon. Lui diceva 'Anche se urlo chi mi sentirà?'. Io quella frase me la porto dentro da anni. Bellissimo pezzo, il finale soprattutto mi sembra una cosa stupenda.
i visceri?
@hotellunge si, i visceri, quelli delle bestie
http://www.sapere.it/gr/ArticleViewServletOriginal?otid=GEDEA_ieroscopia&orid=GEDEA_ieroscopia&todo=LinkToFree
@nicole diver non possiamo sentirlo ma possiamo vederlo, che forse è anche meglio :) hai letto il libro di interviste di David Sylvester? è pieno di quote come quella, straziante.
Devo assolutamente recuperarlo
è skira, io l'ho comprato a rivoli ma lo trovi ovunque
Volevo segnalarti questo bellissimo pezzo:
http://www.nazioneindiana.com/2008/02/28/un-viaggio-con-francis-bacon-5-13-pictures-of-an-exhibition/#comment-89023
grazie, stupendo. su "bacon postpunk" ho alzato le braccia, mi sa che saremo in tanti il nove marzo a sbavare li davanti :)
Eppure, stranamente, ancora non c'è la comprensione a pieno di Bacon... si pensa che Damien Hirst sia un gran personaggio (non è che moda), quando Bacon, in tal senso, aveva già detto tutto, inventando la materia e non, banalmente a scopo di shok, utiizzandola direttamete.
Almeo questo è quello che penso stamattina..
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