martedì 24 giugno 2008

do make say think




ho vissuto in un monolocale per quasi due anni, e non sembrerebbe un record senza sapere l'indirizzo anche se erano proprio le dimensioni della stanza a dissociarmi seriamente, non tanto i bizzarri inquilini; quando sono uscita da casa dei miei ho deciso di portarmi dietro quasi niente, dopo un mese ho cominciato a trascinare enormi scatoloni di libri su qualche espresso d'annunzio ogni domenica pomeriggio, i miei libri e i dischi, i vestiti che avevo buttato in cantina, gadgets di ogni tipo tutti assolutamente inutili e ingombranti, qualsiasi oggetto che avesse avuto una minima importanza proveniente da epoche random sarebbe venuto con me, ne avevo bisogno.
dopo una serie ridicola di traslochi sono approdata a mediolanum, nella terza casa e da sola, in 25 metri quadrati, ventitrè pardon, come un naufrago che ha avuto la botta di culo di perdersi con tutte le sue cianfrusaglie, mi sono seduta nella stanza ancora vuota ed ho pensato alla scena di labyrinth dove sara incontra la vecchia pazza che la porta nella sua vecchia cameretta e comincia a buttarle addosso tutto il contenuto ormai fatto a pezzi, solo che io una toeletta come quella non ce l'ho mai avuta, grazie al cielo.
ho passato dei mesi a comporre, appendere e posizionare, poi ne ho passati altri a pulire, buttare e staccare...ma nulla serviva, la casa continuava a rigurgitare "cose", ed ogni volta che ne trovavo una, magari nascosta sotto una pila di vestiti o dentro un cassetto, la tiravo fuori e la fissavo per qualche minuto, per poi nasconderla di nuovo in un altro posto; ad un certo punto ho deciso che se li avevo portati a vivere con me forse quegli oggetti potevano servirmi, in qualche modo, che se uscivo di casa poco e malvolentieri forse era perchè alla fine a casa qualcosa mi aspettava.
sono uscita a fare provviste per dieci giorni, provviste complete e lungimiranti, ho caricato le macchine fotografiche e messo in fila tutte le cose che ho trovato, quelle che ormai avevo cominciato ad odiare e quelle che non avrei buttato neanche minacciata, ed ho scattato tutto.
è passata una settimana, ho messo due dita in gola alla casa e le ho fatto rigurgitare tutto, l'ho catalogato come mi sembrava giusto e l'ho portato a sviluppare: avevo in mano la tesi del mio corso ma anche qualcos'altro di ben più pesante, anche se non l'ho capito subito.
quando ci spostiamo su terreni diversi abbiamo bisogno di un bagaglio leggero e comodo, ma a volte non basta e la notte fa freddo o i pantaloni si strappano e le mutande si bucano, a volte serve un ricambio che conosciamo, a cui aggrapparci, perchè magari la bussola ha girato male e il muschio non si trova e allora aivoglia cercare la strada di casa, forse la casa si è spostata e non lo sappiamo neppure; le "cose" erano li a fare compagnia a qualcuno che non sapeva di averne bisogno, a dare involontaria identità a chi la cercava senza pace, a creare una piccola radice dove si pensava non ce ne fossero, ma qualche radice serve sempre, altrimenti si vola via, almeno finche non si è mangiato parecchio e si pesa abbastanza.
la mattina dopo ho riempito cinque sacchi neri per l'amsa, un mese dopo ho cambiato casa: avevo un terzo degli oggetti e zero ospiti ma lo spazio non bastava lo stesso, ho infilato quattro stracci nella macchina dell'amico molto alto ed ho cambiato quartiere, e mentre lui guidava ho capito una frase letta per caso pochi mesi prima: "ero a casa mia, lo sapevo, ma avevo la sensazione di essere dentro a niente", ho dovuto dar ragione la buon vecchio Carver perchè la tua casa è dove scegli di stare, ed in quel momento lo avevo appena scelto.

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