giovedì 17 settembre 2009

Gabriele Basilico- le città sono pezzi di città



L'incontro al Milano Film festival con Gabriele Basilico è per le 19 dell'altro ieri, sono quasi in ritardo e corro sotto la pioggia con l'ombrello rotto in mano, sperando di trovare ancora posto nella piccola sala dove proietteranno il documentario dedicato a lui da due giovani registi che ci parlano del suo lavoro attraverso le città nel corso degli anni, dagli esperimenti dei ritratti di fabbriche milanesi a beirut distrutta, e una mosca quasi incolore vista dall'alto.
Basilico gira per la città con il banco e il telo sulle spalle, quasi non pesasse nulla, neanche fosse un soprabito appoggiato per il troppo caldo, ogni tanto si ferma, fa un giro su se stesso e sussurra sorpreso "ma che bel posto" mentre l'inquadratura si allarga fino a mostrarci un palazzone abbandonato, un condominio pericolante o un silos arrugginito; conosciamo tutti le sue immagini statuarie, quelle composizioni mastodontiche e precise che però respirano, non sono statici esercizi tecnici da ex architetto, vivono di vita propria un pezzo per volta. Mentre lavora parla in continuazione, ma calmo e quasi lentamente, spiega che i posti e i luoghi, anche e soprattutto quelli senza più una vita, sono in realtà vivi di per sè, che ogni città li contiene e acquista senso grazie a loro, da ogni pezzo, come un banale puzzle, viene qualcosa di significante che forma l'insieme. Lo vediamo spiegare grandi mappe sul tavolo per progettare i lavori all'estero, i percorsi segnati col pennarello sulle vie di carta e uno stretto programma di esplorazione, precisa ma in qualche modo sempre sentimentale, perchè dopo aver programmato dove andare bisogna sapersi guardare attorno, con calma, attenzione e passione. Dice che Milano ha cominciato a girarla per commissione, e che da autoctono un pò disamorato della sua città questo lavoro è servito a fargli metabolizzare molte zone, a fotografarle per digerirle meglio, girando per questa "città senza orizzonte, sempre coperto dagli edifici", un pò antipatica nell'insieme, ma stupenda nei dettagli dei suoi "pezzi", come la Vigentina abbandonata, spettrale e nitidissima nella luce di un agosto deserto.
Basilico continua a parlare, anche fuori dal documentario, si presenta in perfetto orario sorridendo, placido come un nan indiano, risponde alla mia domanda cambiando discorso tre volte ma esaurendo anche curiosità che non avevo esternato, mi spiega come il suo lavoro su Milano non sia mai finito, che le scogliere della normandia lo facevano pensare a tarkovsky, alla sua campana e all'infinito mentre la città è diversa, l'infinito non c'è mai, ci sono le persone, che però a lui non interessano. le cose e i luoghi sono il nostro palcoscenico ma sono anche indipendenti, questi "pezzi" che formano un tutto hanno una loro speciale identità in ogni scatto, fatto e non pensato s'intende: perchè una foto finchè non è scattata non esiste.

3 commenti:

plutoschi ha detto...

ciao petti... sempre bella milano eh! la tipa di bubi si è trasferita a milano per lavoro per star vicina al suo amato che ora è a torino. crisi nervosa causa città isterica. suggerimenti per aiutarla a superare l'impatto? è romana, simaptica, ti piacerebbe... cerea!

Iconoclastique ha detto...

interessante comunicazione di servizio la tua..ma scrivimi no?!? :)

plutoschi ha detto...

ma scrivimi.... e tu? l'altro giorno ti ho visto su msn e ti ho scritto ma mi sa che davanti al pc non c'era nessuno, cmq vieni a to per il clubto club così facciamo i giovani ancora una volta?? baci e abbracci, come dite voi a milano