venerdì 4 febbraio 2011
# ► # Dancing Naked in the Mind Field
La memoria fotografica è una brutta bestia, un animale a sei zampe e tre occhi, che ansima e sbava come un bulldog ma più intelligente, e subdola, e utile. Ovviamente puzza meno di un cane ma occupa più spazio, e va portata fuori ogni mattina e ogni sera, altrimenti il divano -cioè l'ippocampo- verrà ricoperto da uno strato di maleodorante liquame di origine conosciuta.
Ricordare le cose col loro nome è un conto, ricordarle con la loro faccia è molto peggio, perchè se per le parole possiamo trovare un'alternativa o distorcerle, farle andare in un altro senso, con le immagini non c'è scampo, basta un frame a riportare indietro tutto l'ambaradan, un'esplosione silenziosa e inesorabile. Nel bene e nel male, ovvio.
Basta una strada presa per caso, quel bicchiere che si rompe, un manga uscito da una pila polverosa e boom, in pochi secondi -almeno nella mia testa, poi magari voi siete più moderni- una serie di polaroid fatte di niente esplode collocando quell'attimo proprio lì davanti, e non sono polaroid ancora umidiccie di sviluppo, troppo facile, sono belle asciutte, e nitide. Pronte da appendere, volendo utilissime per allenarsi a freccette, oppure a scopo decorativo certo, se solo durassero, ma purtroppo o per fortuna hanno vita breve, possono risorgere milioni di volte come fenici ma respirano solo per pochi istanti.
Con la memoria fotografica si possono fare tante cose: riconoscere persone dopo dieci anni creando lagune d'imbarazzo quando il riconoscimento non è reciproco, ordinare senza guardare al ristorante perchè si ricorda a memoria la scansione delle pagine del menù, telefonare ai propri amici da un telefono fisso senza aprire la rubrica del cellulare perchè i numeri galleggiano nell'ordine giusto nel nostro cervello, ritrovare una via se non si ha senso dell'orientamento basandosi solo sul ricordo dei fiori in un dato balcone o di un portone grigio o un nano da giardino particolarmente brutto.
Si puo'anche tornare in un posto dopo molto tempo, un posto che ha contato tutto o quasi niente, girare lo sguardo e sentire all'improvviso un rumore come di shanghai che cadono a terra, un ticticitic appena percettibile, e vedere all'improvviso i muri squagliarsi in una scena di qualche anno prima, di fianco a qualcuno che non vediamo da troppo, gli oggetti intorno spostati di un millimetro, porte degli armadi aperte e soffitti che si sono guardati all'infinito; è a quel punto che anche i rumori cominciano ad assomigliare a quelli che si sentivano allora, un'ondata di odori conosciuti fluttua dal passato, si allungano le braccia per toccare qualcosa, una cosa qualsiasi, così giusto per vedere se è vero, e poof.
Ecco, quello è il momento di fare un bel facepalm, un lungo respiro, recarsi al bar più vicino e ordinare una birra media, bionda, senza schiuma, sedersi al tavolino fuori e cominciare a sipparla tranquillamente, chi fuma puo' accendersi una sigaretta e soffiare piccole nubi pensierose, fissando un punto a caso nel panorama circostante.
In quel momento assolutamente privo d'importanza si creeranno altri ricordi visivi da sovrapporre, una cosa a metà fra i sette livelli della città di Troia e il millefoglie della domenica, decine di polaroid cominceranno a rincorrersi isteriche attraverso le sinapsi e il risultato sarà un lieve formicolamento delle mani, le guance rosse ed un inspiegabile entusiasmo.
Ecco no, non è niente di illegale, è solo memoria fotografica. Priva di senso e logica, indomabile, affidabile ed intrattenitiva. Questo il digitale mica lo fa.
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