lunedì 30 marzo 2009

PJ Harvey- we're gonna live in Parish, i promise




La prima volta che ho visto Polly Jean dal vivo ero persa nella caldissima spianata di Benicassim, complici i bicchieroni di heineken ghiacciata e delle amiche distratte mi sono ritrovata sola sotto il palco ricoperta di polvere un minuto prima dell'inizio; ero partita dall'Italia con delle aspettative gigantesche per tutto il festival, ma a lei tenevo in particolare perchè sospettavo che la scalmanata che si agitava in sottoveste su videomusic fosse solo una fetta della torta, e non mi sbagliavo.
Preceduta da un boato ininterrotto piombò sul palco con quei quaranta chili che sembravano almeno il doppio, forse per colpa trittico stivale-hot pants- reggiseno di vinile dentro al quale era scivolata, con la chitarra in braccio e il sorriso larghissimo non ci fece neanche finire di applaudire, e giù legnate chitarrose per un'ora lunghissima durante la quale, lo ricordo molto chiaramente, mi ridussi come una specie di golem ricoperto di sabbia perdendo svariati etti nell'onda umida del pubblico.
Subito dopo, e per almeno altri cinque anni, ho pensato che tutta quella potenza ben gestita sembrava davvero naturale talento senza spiegazione, che una così di sicuro non si era fatta fatta dare ripetizioni da nessuno, a meno di non averlo prima incaprettato, umiliato e nutrito di vermi per una settimana.
Mi sbagliavo, e ne avrò la prova definitiva il 4 maggio all'Auditorium, grazie ad uno splendido regalo di compleanno caduto dal cielo sotto forma di "biglietto-che mai-mi-sarei-potuta-permettere", sicuramente Polly mi farà agitare anche stavolta, anche senza vinile, o magari quello lo porto io.

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