lunedì 30 giugno 2008

__you visited the happiest place on earth __and cried in the bathrooms





questo posto mi piace molto, ci sto comoda come a casa mia, anche se è di qualcun altro che non conosco.
ci sono le foto, le scritte brevi ed un bianco pulito ma sportivo.
è bello come un orto.
questo posto mi piace molto, troppo anzi.

giovedì 26 giugno 2008

[On answering machine] At the beep please leave your name, number and a brief justification for the ontological necessity of modern man's existential

coleotteri: sta diventando un blog per entomologi
natalie curtis: la donna che mi ha rubato un titolo che mi spettava di diritto, e fa pure il mio stesso lavoro...
kokeshi: non ne ho ancora parlato, ma si può fare
"birra tette: eccoci, sapevo che prima o poi sarebbero arrivati per questo, quelli per la birra possono restare, agli altri consiglio di cercarsi un blog più "sviluppato"
"gatto trilly": amico che hai usato queste keywords...o sai chi sono oppure vorrò sapere chi sei tu..visto che il compianto gatto trilly fu il mio primo intrattabile felino
affibbiare: era per vedere con quante b? pensavo di aver affibbiato meno, quest'anno
animali della carta da parati: una nuova specie di blatte made in milan si aggira sotto le vostre carte da parati vintage oppure siete della stessa parrocchia degli entomologi di cui sopra. ento-cartografi? brrr, vade retro
bacon come nessun altro e bacon love is the devil: due affermazioni che, come ogni mese, mi sento di condividere in pieno. la seconda ormai la vedo scorrere nei led dell'atm al posto degli orari della 92.
cibo matto blogspot: se aprissero un blog sarei la prima ad informarvi, ma secondo me hanno declinato su un negozio di slip usati nel centro di tokyo
come diventare ricercatore iconografico: e pensare che una volta volevamo fare le ballerine, le vostre mamme non sarebbero contente...
fatine sexy: sono pronta, ora so tutto sulle winx, ho visto il film
frasi di francesco bacone sullo straniero: prof, mi giustifico
immagini disegni love is: di nuovo credo siate venuti nel posto sbagliato; al massimo a casa ho uno straccio per i piatti con due nani nudi che dice "love is..aiutarla a mettere gli attacchi". fate voi
la danza vera e proprioa arte: la mia avventura con la danza è durata venti minuti: il tempo necessario per capire che non sarei mai sopravvissuta ad un tutù rosa
lsd: anonimo digitatore di keyword, sei la mia soddisfazione di giugno, ti voglio bene
musica 1850: in attesa di illuminanti digressioni sul tema accontentatevi delle dichiarazioni naziste di wagner
perchè non si cade dal letto la notte: non so voi, ma io ultimamente finisco spesso sul pavimento
puzzle enormi: se sei lo stesso dell'lsd allora vuol dire che hai 16 anni ed hai appena visto "nel nome del padre"
radiohead palavobis e radiohead arena civica: non c'è due senza tre, speriamo che guercio invecchi bene
site:bp1.blogger.com svedesi ragazze: niente da fare, magari invertendo le parole...ma qui preferiamo gli svedesi comunque
white rabbit: se sei lo stesso dell'lsd complimenti. e se non assomigli troppo a Gonzo, chiamami.

mercoledì 25 giugno 2008

two is a crowd

la luna sorse nel cielo delle collline di Kookamundii. l'annuncio di una notte luminosa.
Johnny two bones sedeva nella conca rossa del deserto. era un luogo sacro e il lungo cammino di Johnny volgeva al termine. aveva segni di ocra rossa sulle guance e sul petto, intonava una vecchia canzone, una sorta di mappa cantata delle colline, e disegnava ontrecci nellla sabbia con la punta della sua lancia.
non mangiava da due giorni, nè aveva dormito. stava avvicinandosi a uno stato di trance, che lo rerendeva tutt'uno con il deserto, in comunione con i suoi antenati.
era quasi arrivato.
quasi...
sbattè gli occhi. si guardò attorno meravigliato.
"mi scusi caro ragazzo" disse a se stesso, ad alta voce, con tono e pronuncia impeccabili, ""saprebbe dirmi dove mi trovo?"
"chi ha parlato?" chiese Johnny two bones.
la sua bocca si aprì "sono stato io"
Johnny si grattò la testa pensieroso "allora mi sa che sei uno dei miei antenati, eh, amico?"
"oh non vi è ombra di dubbio, caro ragazzo. proprio no. in un certo senso. ma torniamo alla mia domanda precedente. dove mi trovo?"
"ma se sei uno di miei antenati" proseguì Johnny two bones, "perchè parli come una checca inglese?"
"Ah. Australia" disse la bocca di Johhny two bones, pronunciando la parola come se prima di ripeterla avesse avuto bisogno di essere disinfestata, "oh santo cielo. bè, grazie lo stesso"
"
pronto? pronto?" disse Johnny two bones.
si sedette nella sabbia, e attese, e attese, ma non ebbe risposta.
Azraphel se n'era andato.
"buona apocalisse a tutti" Neil Gaiman-Terry Pratchett



"l'Incal" Alejandro Jodorowsky-Moebius

martedì 24 giugno 2008

do make say think




ho vissuto in un monolocale per quasi due anni, e non sembrerebbe un record senza sapere l'indirizzo anche se erano proprio le dimensioni della stanza a dissociarmi seriamente, non tanto i bizzarri inquilini; quando sono uscita da casa dei miei ho deciso di portarmi dietro quasi niente, dopo un mese ho cominciato a trascinare enormi scatoloni di libri su qualche espresso d'annunzio ogni domenica pomeriggio, i miei libri e i dischi, i vestiti che avevo buttato in cantina, gadgets di ogni tipo tutti assolutamente inutili e ingombranti, qualsiasi oggetto che avesse avuto una minima importanza proveniente da epoche random sarebbe venuto con me, ne avevo bisogno.
dopo una serie ridicola di traslochi sono approdata a mediolanum, nella terza casa e da sola, in 25 metri quadrati, ventitrè pardon, come un naufrago che ha avuto la botta di culo di perdersi con tutte le sue cianfrusaglie, mi sono seduta nella stanza ancora vuota ed ho pensato alla scena di labyrinth dove sara incontra la vecchia pazza che la porta nella sua vecchia cameretta e comincia a buttarle addosso tutto il contenuto ormai fatto a pezzi, solo che io una toeletta come quella non ce l'ho mai avuta, grazie al cielo.
ho passato dei mesi a comporre, appendere e posizionare, poi ne ho passati altri a pulire, buttare e staccare...ma nulla serviva, la casa continuava a rigurgitare "cose", ed ogni volta che ne trovavo una, magari nascosta sotto una pila di vestiti o dentro un cassetto, la tiravo fuori e la fissavo per qualche minuto, per poi nasconderla di nuovo in un altro posto; ad un certo punto ho deciso che se li avevo portati a vivere con me forse quegli oggetti potevano servirmi, in qualche modo, che se uscivo di casa poco e malvolentieri forse era perchè alla fine a casa qualcosa mi aspettava.
sono uscita a fare provviste per dieci giorni, provviste complete e lungimiranti, ho caricato le macchine fotografiche e messo in fila tutte le cose che ho trovato, quelle che ormai avevo cominciato ad odiare e quelle che non avrei buttato neanche minacciata, ed ho scattato tutto.
è passata una settimana, ho messo due dita in gola alla casa e le ho fatto rigurgitare tutto, l'ho catalogato come mi sembrava giusto e l'ho portato a sviluppare: avevo in mano la tesi del mio corso ma anche qualcos'altro di ben più pesante, anche se non l'ho capito subito.
quando ci spostiamo su terreni diversi abbiamo bisogno di un bagaglio leggero e comodo, ma a volte non basta e la notte fa freddo o i pantaloni si strappano e le mutande si bucano, a volte serve un ricambio che conosciamo, a cui aggrapparci, perchè magari la bussola ha girato male e il muschio non si trova e allora aivoglia cercare la strada di casa, forse la casa si è spostata e non lo sappiamo neppure; le "cose" erano li a fare compagnia a qualcuno che non sapeva di averne bisogno, a dare involontaria identità a chi la cercava senza pace, a creare una piccola radice dove si pensava non ce ne fossero, ma qualche radice serve sempre, altrimenti si vola via, almeno finche non si è mangiato parecchio e si pesa abbastanza.
la mattina dopo ho riempito cinque sacchi neri per l'amsa, un mese dopo ho cambiato casa: avevo un terzo degli oggetti e zero ospiti ma lo spazio non bastava lo stesso, ho infilato quattro stracci nella macchina dell'amico molto alto ed ho cambiato quartiere, e mentre lui guidava ho capito una frase letta per caso pochi mesi prima: "ero a casa mia, lo sapevo, ma avevo la sensazione di essere dentro a niente", ho dovuto dar ragione la buon vecchio Carver perchè la tua casa è dove scegli di stare, ed in quel momento lo avevo appena scelto.

lunedì 23 giugno 2008

naturals not in it



qui le farfalle di Linneo:

"To mark national insect week (June 23-29), the Linnean Society of London has released new digitised images of butterflies from the insect collection of the famous Swedish naturalist Carl Linnaeus (1707-1778). The collection is of special scientific importance and contains many specimens named by Linnaeus, who devised the binomial naming system of plants and animals that is still used to this day"

qui le farfalle a milano, e anche i cervi volanti.

sabato 21 giugno 2008

della stessa materia di cui son fatti i sogni












tutti facciamo dei sogni, a quanto pare, il cervello agisce sepre nello stesso modo e sta a noi ricordare o meno: si sogna sempre ma non sempre si ricorda, come se ogni notte si recitasse uno spettacolo su un palcoscenico, a volte il sipario si apre, altre volte no.
sono settimane che in casa si sogna tutti, e ci si ricorda anche, ed ogni colazione diventa una delirante tavola rotonda di racconti onirici di tutti i tipi, si tentano interpretazioni pro lotto, ci si spaventa o ci si addolora, si ride anche, a volte moltissimo.
da sempre il novanta per cento dei miei sogni cominciano in una casa dalle mille stanze, spesso una bella casa, a volte sfacciatamente ricca e grande, con tutti i confort; i piani sono spesso due, i corridoi lunghi e luminosi, c'è anche tanta gente e per ogni persona una stanza dietro una porta, aperta la quale incontro scene di ogni tipo, quasi mai violente ma spesso bizzarre: da uno studio con due culle vicine e dei gatti di casa che a gesti (gesti, si) mi intimano di fare attenzione ai neonati a bagni con gigantesche vasche da bagno vuote che posso riempire per buttarmici dentro, ad una camera con letti a castello e mio fratello a tredici anni che ascolta david bowie coi cuffioni; oppure case che conosco, o che mi sembra di riconoscere, sempre popolate e in movimento, spesso durante un party o a natale.
mentre si sogna ci si muove parecchio, le orbite girano e gli arti pure, nel peggiore dei casi si smascella o si cade dal letto, come se il corpo cercasse di compartecipare al processo mentale, e quando il sonno finisce oltre allo spaesamento del risveglio c'è quello fisico della dislocazione appena interrotta: dal gatto di casa o dalla persona che dorme vicino a noi, ogni giorno possiamo guardare qualcuno che sogna, e che magari al risveglio non ricorderà nulla.
stamattina ci siamo svegliati scossi: mentre io ho passato la notte a rincorrere qualcuno nella folla di una festa senza riuscire a raggiungerlo mentre scarabei giganti volavano dappertutto, la compare è scappata da un aperitivo stizzita per assistere ad una romantica quanto improbabile riconciliazione in quella che somigliava alla sterrata fangosa di glastonbury.
si dice che un'intensa attività onirica sia bene, che quando il cervello si scuote come fosse una sfera con la neve dentro si stia avvicinando una reazione, che sia offesa o difesa non importa, è solo l'immobilità che ci fa marcire, tutto il resto, se si muove, da qualche parte arriverà.

domenica 15 giugno 2008

radiohead@arena civica, 2008/ radiohead @palavobis, 1997


radiohead, live in milan 1997, youtube, weez79


martedi, sotto casa mia, suonano i radiohead, e sembra molto buffo perchè l'unica ed ultima volta che li ho visti dal vivo, undici anni fa, ho dovuto affrontare un viaggio in modalità "iliade" che sembrava non finire mai.
non mi ricordo come ho trovato i soldi per l'allora inaffrontabile biglietto, probabilmente un regalo di sedicesimo compleanno abilmente pilotato o qualcosa del genere, fatto sta che soldi per il treno non ce n'erano comunque e la compare mi convinse a chiuderci nel cesso di prima classe per quattro ore e mezzo, sedute sulla moquette blu di trenitalia ad ascoltare dal walkman condiviso quattro o cinque cassettine preconcerto bevendo fanta; appena arrivate l'impatto metropolitano fu bizzarro, il palavobis sembrava mitologicamente distante ma era ancora presto così ci siamo piacevolmente perse nella periferia più squallida che postatomica, poco importa, era pur sempre lontano da casa e andava bene così.
al concerto l'incontro con dei compaesani visibilmente fuoriposto, sembrava si fossero mossi in gruppo come usa dalle nostre parti ma senza sapere bene nè la meta nè il perchè, come una gita al primo autogrill e ritorno; l'entrata insieme a quello che ci sembrava un esercito di persone, forse il primo concerto davvero affollato che affrontiamo, ma essere piccoli a volte aiuta e così siamo strisciate tra le prime file, sulla sinistra. un doppio evento in realtà: apre sparklehorse per il quale nutrivo la stessa disperata adorazione che mi aveva trascinato a vedere mr yorke, e qui forse la memoria comincia a vacillare perchè mentre io ricordo i quaranta minuti migliori mai suonati dallo svitato linkous qualcun altro mi racconta orrendi siparietti da fulminato, testi dimenticati e bicchieri di jack rovesciati; personalmente preferisco la mia versione e al jack da una parte aggiungo una birra media dall'altra, le mani daltronde sono due, lapalissiano.
ma il concerto vero me lo ricordo bene, le spinte e le gomitate, le urla belluine, il non toccare terra coi piedi causa onda umana, le canzoni tutte a memoria che mi faranno stare senza voce per secoli, una fascinazione totale, l'adorazione senza risparmi da sedicenni, quella che forse non torna più. o non è così? martedi saprò dare una risposta, e questa volta non devo neanche chiudermi al cesso per quattro ore.



UPDATE: 18 giugno 2008
alle sette scoppia quello che sembra il temporale più forte della storiaa, temporeggio in casa per evitare di affogare sulla strada per l'arena, non ho accompagnatori stasera per motivi contingenti e non ma non credo sarà un disagio, infilo gli stivali do gomma ed esco.
fuori dai cancelli i bagarini si mischiano coi venditori di cerate antipioggia, metà delle persone in fila ne ha una addosso, sopra i vestiti e gli zaini, sembrano un esercito di giapponesi in piazza duomo, buffo, tiro fuori il biglietto che dopo otto mesi piegato sul comodino è quasi spezzato in due, per un attimo penso che non mi faranno entrare ma naturalmente non è così e vedo per la prima volta il piazzale dell'arena: una fantastica piscina di fango sotto una pioggia mista a sole che rende tutto giallo; arrivo molto vicino senza troppa fatica, di fianco a me un mio ex professore che amo da lontano e in silenzio da anni e che continuo a incontrare nei posti più strani (solo anche lui, come un pazzo) e un gruppetto di veronesi che ascoltano i primi minuti della partita dividendosi gli auricolari di una radiolina fantozziana, urlano improperi contro toni ma promettono che smetteranno ala prima nota, chiedo a mio fratello di mandarmi degli sms con gli aggiornamenti partita senza sapere che sarebbe stato un vergognoso susseguirsi di frasi deliranti miste a lucide osservazioni tecniche.
thom sale sul palco sotto una bizzarra scenografia di led appesi come stalattiti, dice "ciao" e cominciaia a cantare e contorcersi dentro il suo striminzito gilet, scaletta dedicata a in rainbows e quattro o cinque pezzi vecchi regalati nel lungo bis, la gente intorno a me canta tutto, si sgola, balla e le centinaia di cerate da giapponesi si muovono ondeggiando come un branco di meduse, continua il temporale ma nessuno se ne accorge; mi rendo conto che venire con qualcuno non avrebbe cambiato le cose e ondeggio placidamente anche io, i piedi incastrati nel fango e il cappuccio ormai fradicio, applaudo reggendo la birra autogrill coi denti mentre escono e rientrano per gli ultimi pezzi. quando finisce nessuno si muove subito, la gente è calma e posso guadagnare l'uscita piano piano insieme a ben from manchester che cerca i suoi amici bresciani, bell'ensemble. sul tram che mi porta a casa completamente ricoperta di fango realizzo che ho la risposta alla domanda che chiude il post preconcerto: ci sono cose che sono sempre belle, affascinanti e piene di significato, anche dopo che hai smesso di schiacciarti i brufoli allo specchio della tua cameretta, la fascinazione, quella vera, non è prerogativa di sbalzi ormonali, si nasconde dietro l'angolo, basta guardare con attenzione.

l'involontaria twittata fraterna di italia-francia
"toni ha sbagliato 4 gol solo davanti al portiere" (che coglione p******!) / "rigore per noi ed espulsione del francese (quale francese..uno a caso? e il rigore chi lo tira? piediabanana?)/ "gol 1a0 per noi"/ (non penso, urlo)/ "palo di grosso" (e non me lo dire no? poi io lo odio grosso )/ "gol dell'olanda!" (evvai. una civiltà superiore, l'ho sempre detto)/ "de rossi, gol! 2 a 0 per noi" (non credo usasse punti esclamativi dal 91, come scioglie il calcio eh?!)/ "2 a 0 per l'olanda, tre minuti alla fine" (fine di chi? noi? loro? bah)/ " finita. qualificati. domenica quarto di finale contro la
spagna, olè" (olè?)

blu wednesday


lo so, divento logorroica per le cose che mi piacciono, ma di lui non posso smettere di parlare. mercoledi sarà qui e ci sarò anche io.

mercoledì 11 giugno 2008

lunedì 9 giugno 2008

turin weights


flickr ph. by man_drake



la prima volta che vedo torino sono le sei di mattina dopo un lungo viaggio, otto o nove ore sdraiata nello scompartimento chiuso dei vecchi espressi, coi sedili tirati giu in un enorme divano di pelle, le braccia scoperte appiccicate ai sedili; è quasi l'alba quando mi sveglio e guardo fuori del finestrino, non sono mai stata in piemonte ma capisco che ci siamo quando vedo passare il cartello alessandria annegato nella nebbia, è il sette agosto, niente male penso.
Porta Nuova è deserta come da copione, ricordo di aver pensato che sembrava stazione centrale vista a sedici noni, ma forse era solo colpa del sonno..anche qui ci sono i tram ma non risalgono al piano marshall, anche qui i piccioni pascolano indisturbati ma preferiscono appollaiarsi sulla stella a cinque punte dell'angelo in piazza statuto, come se stessero ancora aspettando di far merenda con gli arti sparsi dei condannati a morte fuori le mura; la città sembra immersa nel cotone, la attraversiamo piano a piedi, mi guardo intorno e vedo pasticcerie, gargoyles e fronzoli francofoni, le vie sono dritte e grandi mentre si fanno le sette ed apre qualche bar nelle piazze quadrate; un bicerin caldo come lava e poi a casa, una casa che non ho mai visto ma che sembra sia li ad aspettare il mio zaino verde che si posa sulle mattonelle granata, sporco e pieno di vestiti random. passano i primi dieci giorni torinesi di una lunga serie: sui barchini davanti al po, a sudare dentro giancarlo, mangiare le crepes con la toma sui marciapiedi, sdraiarsi ai cappuccini con le birre calde, vagare in periferia, al valentino sulle colline che cambiano colore se hai mangiato qualcosa di strano, ai docks pieni di sabato con la neve, vicino al lingotto, da una parte all'altra del fiume e a porta palazzo quando è notte ma non sembra perchè i 3 galli fan troppo rumore.
sono tornata decine di volte, dopo quella volta, sono tornata perchè non potevo davvero farne a meno, anche quando la vista di un solo centimetro di porta susa quasi mi accecava, anche quando i ricordi erano talmente tanti che la città era divisa in due, per lavoro con le valigie manfrotto, con qualcuno di importante che speravo la vedesse come me, di nuovo sola ma col drappello d' accoglienza fuori della stazione, sono tornata mille volte per riprendermi questo posto che non ho neanche scelto ma che mi manca sempre.
venerdi sera scendo di nuovo a susa, piove a dirotto e mi infilo nella metro olimpica che non ho mai provato: innaturalmente spaziosa e pulita sopra, sotto si restringe di due terzi ma è tutto meno che clustrofobica, viaggia dentroun tubo di vetro senza conducente, il tunnel illuminato a giorno, se distribuissero gianduiotti sarebbe il mezzo di trasporto più willy wonka oriented sul quale sono salita, a parte il teddy train in danimarca; corso monte grappa è sempre un casino, con questi strambi controviali che se vieni da fuori rischi di schiantarti ogni cinque metri, la solita peugeot mi raccoglie per portarmi in via exilles, sono strade che conosco ma che continuano a cambiare come tessere di memory, è giugno ma laggiù vedo la neve, è giugno ed ha smesso di piovere, allora si va a cena a san salvario, che non ci siamo mai andati.

venerdì 6 giugno 2008

weekend pic


spaziale training-panzerotti massonici

giovedì 5 giugno 2008

three is a magic number








"In effetti se gli uomini vedessero ciò che sta sotto la pelle, dotati come le linci della Beozia della penetrazione visiva interna, la sola vista delle donne gli riuscirebbe nauseabonda"
Oddone da Cluny, X secolo

"Nella carnagione dei negri incontriamo diverse sfumature; ma tutti allo stesso modo si differenziano dagli altri uomini in tutte le fattezze dei loro volti. [...] bruttezza e irregolarità di forma caratterizzano il loro aspetto esteriore. Le donne negre hanno lombi molto cadenti, e glutei molto grossi, che conferiscono loro la forma di una sella. I vizi più noti sembrano essere il destino di questa razza infelice: si dice che ozio, tradimento, vendetta, crudeltà, impudenza, furto, menzogna, turpiloquio, dissolutezza, meschinità e intemperanza abbiano estinto i principi della legge naturale e abbiano messo a tacere i rimproveri della coscienza. Sono estranei a qualunque sentimento di compassione e costituiscono un terribile esempio della corruzione dell'uomo quando lasciato a se stesso"
voce "Negro" della Encyclopaedia Britannica, prima edizione americana (1798))

"Nell'aspetto esterno dell'ebreo si trova qualcosa di straniero che ripugna sopra ogni altra cosa a questa nazionalità; con un uomo che ha un aspetto come quello non si vuole avere nulla in comune [...] Ci è impossibile immaginare che un personaggio dell'antichità o dei tempi moderni, eroe o amoroso, sia rappresentato da un ebreo senza sentirci involontariamen
te colpiti da quanto vi è di sconveniente, anzi, di ridicolo in una rappresentazione del genere […] Ma la cosa che più ci ripugna è il particolare accento che caratterizza il parlare degli ebrei […] Le nostre orecchie sono particolarmente urtate dai suoni acuti, sibilanti, stridenti di questo idioma. Gli ebrei usano le parole e la costruzione della frase in modo contrario allo spirito della nostra lingua nazionale […] Ascoltandoli, noi, senza volerlo, prestiamo più attenzione al loro modo di parlare che a quello che dicono. Questo punto è della maggior importanza per spiegare l'impressione prodotta soprattutto dalle opere musicali degli ebrei. Ascoltando l'ebreo che parla, noi siamo nostro malgrado urtati dal fatto di trovare il suo discorso privo di ogni espressione veramente umana […] È naturale che la congenita aridità dell'indole ebraica che ci è tanto antipatica trovi la sua massima espressione nel canto, che è la più vivace, la più autentica manifestazione del sentimento individuale."
Richard Wagner, L'ebraismo nella musica, 1850

é bello svegliarsi una mattina qualsiasi dell'anno domini 2008, leggere per caso queste tre chicche provenienti da tre secoli diversi e pensare che "history repeating" è un concetto divertente solo finchè rimane l'urlo di Shirley Bassey.



lunedì 2 giugno 2008

I swallow a coal and follow my breath and I did it with the grapefruit soap thinking of you.

dopo 3 giorni di strenua lotta all'inaccessibilità della tecnologia, l'uomo vince sulla macchina. anzi la donna...anzi la ragazza vince sulla macchina. insomma, ecco qua.